India: più facile fare business con il nuovo codice fallimentare

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L’India rappresenta oggi uno dei mercati più importanti e di maggiori prospettive a livello globale. Nonostante vi sia ancora molto da fare, il Governo Modi, dal momento del suo insediamento, sta compiendo enormi sforzi per rendere il Paese sempre più appetibile sui mercati internazionali e sempre più “business friendly”, soprattutto attraverso l’implementazione di una serie di importanti riforme. 

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Tra queste, l’introduzione del codice fallimentare (“Insolvency and Bankruptcy Code”) si configura come una novità di grande importanza per il Paese asiatico: in India, infatti, il contesto normativo sui processi di insolvenza e bancarotta risultava molto frammentato e di non facile comprensione, considerata la presenza di differenti enti ed autorità il cui potere decisionale spesso andava a confliggere, creando di conseguenza situazioni particolarmente intricate e di non facile risoluzione.

In virtù di questa premessa, il Governo ha deciso di agire in maniera radicale sul tema, con l’obiettivo di: 

  • semplificare e razionalizzare il quadro normativo esistente, creando un'unica legge sui processi di insolvenza e bancarotta ed un unico ente regolatore, il NCLT (National Company Law Tribunal);
  • implementare un approccio volto al recupero delle condizioni di insolvenza;
  • ridurre al minimo i costi e le tempistiche per ottenere la liquidazione da parte dei creditori, proteggendo gli interessi dei piccoli investitori;
  • migliorare il contesto imprenditoriale e alleviare i mercati del credito in difficoltà;  
  • dotare il Paese di un utile strumento per rendere più agevole i processi di business. 

Da un punto di vista concettuale, la riforma cambia decisamente l’approccio sull’argomento, conferendole un’impronta più pragmatica e commerciale: per cui, se di fronte ad un caso di insolvenza la legge precedente e le relative complessità e lungaggini burocratiche miravano ad un recupero delle condizioni di insolvenza in una maniera piuttosto sommaria, con un conseguente fallimento dell’azienda, oggi il nuovo quadro normativo assegna ai creditori la possibilità di valutare ed esaminare con attenzione le condizioni economiche del debitore, concordando con quest’ultimo un Resolution Plan oppure una liquidazione rapida.

Ma quali sono gli step da implementare da parte di un creditore per avviare una procedura d’insolvenza 

Innanzitutto è opportuno fare una distinzione tra le due differenti tipologie di creditori che possono avviare la domanda nei confronti del NCLT, e le diverse modalità attraverso cui possono presentarla:

  • creditore finanziario: può attivare la procedura rivolgendosi direttamente al NCLT;
  • creditore operativo: deve prima inviare un avviso al debitore, chiedendo il pagamento del denaro dovuto. Nel caso in cui, entro 10 giorni dalla consegna dell'avviso, quest’ultimo non sia stato in grado di onorare il debito, il creditore può presentare la domanda al NCLT.  

Per quanto riguarda l’iter da seguire, dopo la presentazione della domanda il NCLT, entro 14 giorni, può decidere se accettarla o respingerla:

  • nel primo caso, il Tribunale designerà un Insolvency Professional
  • nel caso in cui la domanda dovesse essere rigettata, il richiedente avrà 7 giorni di preavviso per effettuare le opportune rettifiche e solo nel caso in cui la domanda fosse accolta il Tribunale si occuperà di nominare tale figura.

L’Insolvency Professional

L’Insolvency Professional, che avrà un mandato di massimo 30 giorni, è il professionista incaricato che si occuperà della gestione della procedura: a lui sarà affidata la responsabilità di definire la condizione economico-finanziaria della società debitrice, assumere la direzione della stessa (ed i poteri del Consiglio di Amministrazione) e costituire il Comitato dei creditori, il quale avrà il ruolo di valutare ed esaminare la situazione debitoria dell’azienda, entro un periodo di 180 giorni (prorogabile per altri 90). 

Comitato dei creditori

Tale Comitato dei creditori dopo aver preso visione del Piano di Risoluzione d’insolvenza presentato dall’azienda, in cui si illustrano le modalità di pagamento degli attuali debiti e le modalità da implementare per garantire l’operatività della stessa al termine di tale periodo, si pronuncerà in merito, approvando o respingendo tale Piano: 

  • nel primo caso, si farà richiesta al NCLT per il via libera definitivo all’implementazione del Piano; 
  • nel secondo caso, qualora non fossero soddisfatti i principi del codice fallimentare, si passerà direttamente alla liquidazione, che sarà disposta dal Tribunale dopo un’attenta verifica.    

Il processo di liquidazione sarà condotto dall’Insolvency Professional, che agirà appunto da liquidatore a meno che il NCLT non lo reputasse idoneo e decidesse di sostituirlo; il liquidatore provvederà dunque alla gestione della società debitrice, venendo incontro alle ragioni dei creditori, con l’obiettivo di soddisfarne le  ragioni, e presentando domanda al NCLT per concludere l’intera  operazione. 

Carattere internazionale della riforma

L’aspetto davvero interessante del nuovo codice fallimentare riguarda proprio la sua “internazionalità”: all’interno della riforma non è prevista una distinzione tra creditori nazionali ed internazionali e, a conferma di ciò, una recente sentenza della Corte Suprema dell'India ha chiarito che anche i creditori internazionali hanno il diritto di avviare una procedura d’insolvenza nei confronti di una società indiana. Facile dunque dedurre come la riforma presenti vantaggi anche per le aziende straniere operanti nel Subcontinente.  

Alessandro Fichera e Satinder Kapur

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