Grazie ai costi relativamente bassi della mano d’opera e della terra, alla presenza di aziende dotate delle tecnologie più avanzate e a politiche volte ad attrarre gli investimenti esteri, la Cina è diventata il primo polo manifatturiero mondiale.
Tuttavia, le attuali tensioni commerciali con gli Stati Uniti e il Covid-19 hanno bruscamente interrotto la filiera cinese. La chiusura forzata di numerose aziende in Cina a causa della pandemia ha avuto un notevole impatto negativo su diversi settori industriali - in particolare quello automobilistico, farmaceutico ed elettronico - in tutto il mondo. Un numero sempre maggiore di aziende sta adottando misure volte a diversificare la propria dipendenza produttiva dalla Cina per minimizzare i rischi in caso di emergenze future.
L’India è, senza dubbio, in posizione di vantaggio per diventare un polo manifatturiero alternativo (secondo recenti dati, lo stipendio iniziale dei lavoratori indiani è compreso tra $157 e $196 mentre in Cina gli stipendi per analoga posizione sarebbero tre volte superiori).
Inoltre l’India si contraddistingue per spese di esercizio inferiori a quelle che un’azienda sarebbe chiamata a sostenere in Cina, un sistema di infrastrutture competitive, zone economiche speciali che offrono, tra gli altri vantaggi, un’esenzione dai dazi sulle esportazioni, incentivi per dare impulso alla produzione nazionale e un ambiente favorevole agli affari.
L’India, a differenza della Cina, vanta buone relazioni commerciali con gli Stati Uniti. Inoltre ha recentemente intrapreso con successo un processo di potenziamento della propria filiera nel tentativo di reagire alla posizione dominante della Cina e abbassare i costi di produzione.
In una relazione realizzata da UBS, istituto finanziario svizzero, pubblicata nel febbraio 2020, alcuni analisti indicano che l’India stia diventando la destinazione preferita dalle aziende alla ricerca di un’alternativa alla Cina e di quelle interessate a diversificare la propria filiera.
Analizziamo gli aspetti di maggior interesse per le aziende italiane che vedono nell’India una possibile alternativa per espandere le attività produttive all’estero.
Grande mercato
Secondo i dati dal Forum Economico Mondiale:
- l’India diventerà il terzo mercato al mondo per numero di consumatori entro il 2025, proprio alle spalle di Stati Uniti e Cina
- le 40 principali città indiane saranno in grado di creare un indotto di circa $1.5 trilioni entro il 2030
- migliaia di altre piccole città saranno in grado di creare un indotto altrettanto elevato.
Sono inoltre previsti circa $1.2. trilioni per lo sviluppo delle zone rurali attraverso il miglioramento delle infrastrutture e la fornitura di accesso al retail organizzato e alle vendite online. La crescita nel settore della connettività digitale, lo sviluppo delle infrastrutture, uniti a un aumento dei redditi delle famiglie e della loro capacità di spesa rappresentano le enormi opportunità che offre il mercato indiano. .
Aliquota di imposta sulle imprese
Allo scopo di promuovere gli investimenti nel settore manifatturiero, il Governo indiano ha messo a punto specifiche misure che comprendono la previsione di aliquote fiscali alquanto competitive. L’anno scorso, l’aliquota di imposta sulle imprese è stata ridotta per la prima volta negli ultimi 30 anni e il settore manifatturiero ne ha beneficiato ampiamente. Le aziende che operano nel settore, costituite dopo il 1 ottobre 2019 che avviano le proprie attività imprenditoriali entro il 31 marzo 2023, possono avvalersi di una riduzione dell’imposizione fiscale dal 25% al 15%.
Questa riduzione fiscale ha consentito all’India di competere con le economie emergenti dei paesi del Sud-est asiatico, come Vietnam, Tailandia e Indonesia ed attrarre maggiori investitori esteri. L’India, tuttavia, ha un vantaggio rispetto a questi paesi rappresentato da un più ampio mercato dei consumatori, una forza lavoro più economica e maggiormente disponibile.
Incentivi e piani di sviluppo
Il Governo ha promosso l’iniziativa “Produci in India” per incoraggiare le aziende a produrre i loro prodotti nel paese e ha annunciato numerose forme di incentivi a favore delle imprese estere interessate a localizzare la propria produzione in India.
Lo scorso mese di marzo ha stanziato circa 6 miliardi di USD per stimolare la produzione nazionale – attirando investimenti, incentivando il settore della produzione della componentistica elettronica e, più in generale, nazionalizzando la produzione dei prodotti realizzati all’estero. Grazie al programma l’India intende creare un numero sempre maggiore di unità di produzione e assemblaggio, approfittando degli incentivi fiscali previsti a livello di settore, semplificando le normative in tema di investimenti diretti esteri e aumentando i dazi doganali sulle importazioni.
Circa un migliaio di imprese straniere stanno attualmente intrattenendo stretti colloqui con le autorità indiane e almeno 300 stanno mettendo a punto strategie produttive in India in settori quali smartphones, elettronica, dispositivi medici, tessile e tessuti sintetici. Secondo alcune rivelazioni fornite da un funzionario del governo, “Una volta che la pandemia sarà sotto controllo, siamo fiduciosi che si possa assistere ad un fenomeno di delocalizzazione. E l’India risulterà essere una destinazione alternativa per il settore manifatturiero”.
Stefano Linares