In termini di biodiversità l’Italia non ha rivali: il 75% del vitigno nazionale è coperto da 80 vitigni autoctoni, seguono il Portogallo con 40 vitigni; Francia e Spagna entrambi con 15 vitigni. Questa biodiversità consente all'Italia di essere anche il Paese europeo con il maggior numero di certificazioni DOP/IGP: 529 vini riconosciuti (la Francia arriva a 442). Sono 635 le varietà di uve iscritte al registro nazionale italiano.
Il settore vinicolo italiano ha raggiunto nel 2024 un fatturato complessivo di 14,5 miliardi di euro. In Italia operano 241.000 imprese viticole, distribuite su una superficie di 681.000 ettari, con Veneto, Sicilia e Puglia in testa per estensione. Il 78% della superficie – corrispondente a circa 532 mila ettari – è destinato alle Ig (65% Dop e 14% Igp).
Secondo dati diffusi da Intesa Sanpaolo, in termini di export di vino, la Francia è prima, in valore, con una quota di mercato del 34,5%, l'Italia è seconda (22%); in quantità, è prima la Spagna (22%), subito dietro l’Italia (21,7%).
Il vino è la prima voce dell’export agroalimentare italiano, con un valore che nel 2024 ha raggiunto 8,1 miliardi di euro (+6% rispetto al 2023). A trainare le vendite sono soprattutto gli spumanti, che rappresentano il 29% del valore totale esportato.
Il primo mercato di destinazione sono gli Stati Uniti, con oltre 1,9 miliardi (+10,2% rispetto al 2023). Seguono Germania (quasi 1,2 miliardi, +3,7%), Regno Unito (851 milioni, +1%) e Canada (+15,2%).
Dazi aggiuntivi al 20% sul vino
Il peso degli USA sul totale dell’export dell’alimentare e bevande italiano è del 13,4%; il peso sale al 25% circa per il vino. Secondo un’indagine condotta da Intesa Sanpaolo, tra le reazioni che le imprese stanno valutando in risposta ai rischi legati ai dazi aggiuntivi al 20% sul vino (attualmente sospesi in attesa delle trattive commerciali USA - UE):
- circa la metà dei rispondenti indica la ricerca di nuovi clienti in nuovi mercati
- un terzo la possibilità di aprire filiali commerciali o produttive negli USA
- un 20% l’eventualità di rivedere i listini per il mercato statunitense.
Se entrassero i vigore i dazi annunciati e poi sospesi da Trump, una bottiglia di vino con un costo medio di 10-15 dollari potrebbe arrivare a costare tra i 15 e i 20 dollari al consumo. L’impatto dei dazi sarà maggiore per le aziende che operano prevalentemente in questa fascia di prezzo.
In occasione del Vinitaly di Verona, gli operatori si sono confrontati su come affrontare la situazione. Molti concordano sull’importanza di collaborare con i distributori locali che, dall’iniziale entrata in vigore dei dazi aggiuntivi del 20%, hanno cominciato a chiedere ai produttori italiani di abbassare i prezzi per aiutarli a compensare l’aggravio tariffario ed evitare di perdere le quote di mercato e il posizionamento sugli scaffali (conquistati con anni di impegno) a vantaggio di prodotti argentini o cileni, meno colpiti dai dazi. Molti importatori statunitensi, obbligati a pagare il dazio allo sdoganamento, avranno inoltre bisogno di supporto finanziario.
Le preoccupazioni sui dazi americani sono legate anche al fenomeno dell’italian sounding. Coldiretti ha recentemente segnalato il lancio negli Usa di una nuova tipologia di vino frizzante che richiama le nostre bollicine. Il “Calsecco” è uno spumante prodotto in California da un’azienda leader del settore, Rack&Riddle che ha registrato il marchio e presenta sul sito il nuovo vino come “realizzato secondo la tradizione veneziana”.
Altagamma-Bain Fine Wines and Restaurants Market Monitor
Il vino pregiato è parte integrante del piacere quotidiano per i più facoltosi, simbolo di momenti speciali per molti consumatori e un bene da collezione per gli investitori (negli ultimi 10 anni i prezzi sono più che raddoppiati, superando le performance di borse, orologi e gioielli).
Il mercato dei vini di alta gamma ricopre un ruolo importante nell'industria globale del lusso, con un valore di € 30 miliardi nel 2024. I vini di alta gamma, nonostante rappresentino solo l'1,5% del volume totale del mercato vinicolo, generano l'11% del valore. Si stima che il comparto aumenterà del 4-6% annuo fino al 2030.
L’industria del vino pregiato è composta sia da grandi marchi che da una miriade di piccoli produttori. I primi 10 brand detengono il 35% del mercato, ma gli attori in gioco sono circa 400.
Nonostante il dominio della Francia - nove dei primi 10 marchi e una quota del 95% del valore al dettaglio - la diversità dell'Italia offre un potenziale di crescita e opportunità uniche, con 20 regioni vinicole e 1.000 varietà di uve (contro le 13 regioni e le 250 varietà della Francia).
Nel 2024 l’Europa ha prodotto il 75% del vino pregiato, ed Europa e Americhe hanno assorbito l’80% dei consumi. Asia-Pacifico e Medio Oriente rappresentano solo il 5% della produzione e il 20% della domanda, ma mostrano un forte potenziale di crescita.
Dopo un decennio di crescita costante, il settore dei fine wines ha registrato un leggero calo del 2-3% nel 2024, dovuto principalmente a una maggiore cautela nei consumi – spinta dall’inflazione – e all’ascesa di trend come la moderazione del consumo di alcol tra le nuove generazioni.
La ristorazione di alta gamma, con una crescita del 27% dal 2022 al 2024, ha raggiunto € 28 miliardi lo scorso anno. L'Europa ospita oltre la metà dei 14.000 ristoranti di fascia alta nel mondo. In alcuni ristoranti stellati, gli abbinamenti enologici rappresentano fino al 40% del fatturato, per un totale stimato di € 6-7 miliardi nel 2024.
Fonte: Fondazione Altagamma