L’Italia può contare su quasi 2,2 milioni di ettari di superficie dedicati al biologico, la più alta percentuale di superfici bio sul totale (17%), a fronte della quota media UE ferma al 9% (molto lontana dall’obiettivo del 25% della strategia Farm to Fork per il 2030). Crescono gli operatori biologici impiegati nel settore: sono 86.144 (+5,4% rispetto al 2020).
Secondo l’indagine condotta su 290 imprese alimentari e vitivinicole italiane, nel 2022 le vendite di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita del 16% (anno terminante giugno) rispetto all’anno precedente.
Rispetto a 10 anni fa il bio Made in Italy sui mercati internazionali è quasi triplicato (+181%) e la quota di export sul paniere Made in Italy, oggi al 6% sull’export agroalimentare italiano totale, era al 4% dieci anni fa.
L’81% delle esportazioni totali bio riguarda il food per un valore di 2,7 miliardi di euro nel 2022 (+16% rispetto al 2021), il vino pesa per il restante 19% (nell’export agroalimentare in generale, l’incidenza del vino è del 13%).
Le esportazioni di vino bio Made in Italy hanno raggiunto 626 milioni di euro (+18% rispetto al 2021) e rappresentano una quota dell’8% sul totale dell’export vitivinicolo italiano (il food “si ferma” al 6%).
Mercati di destinazione
Secondo l’indagine condotta tra luglio e agosto 2022 da Nomisma per ICE Agenzia e FederBio, le principali destinazioni in Europa per il food italiano BIO sono la Germania (indicata dal 63% delle aziende), la Francia (46%) e il Benelux (34%).
La Germania guida anche il segmento del vino (67%), seguita dai Paesi Scandinavi (61%) e dal Benelux (59%). Al di fuori dei confini comunitari i principali mercati sono: Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito sia per il food che per il wine. In quest’ultimo caso risultano strategici anche Canada e Giappone.
Secondo le imprese intervistate, i mercati più promettenti per l’export bio made in Italy saranno Germania, Paesi del nord Europa e Stati Uniti per il food, a cui si aggiungono Canada e Regno Unito per il vino. Tra i Paesi a maggior potenziale figurano anche Giappone, Cina e Corea del Sud, mercati che negli ultimi anni stanno sperimentando una forte crescita della domanda di prodotti bio.
A conferma della centralità dell’export, le aziende intendono aumentare la loro esposizione sui mercati esteri, sia individuando nuovi mercati di destinazione (strategia “molto importante/importante” per l’80% delle aziende) sia aumentando la quota di fatturato da realizzare all’estero (76%).
l 50% delle aziende food bio intervistate prevede di aumentare nei prossimi 12 mesi il fatturato legato all’export, quota che sale al 75% con riferimento al vino. Più “contenute” le previsioni di crescita sul mercato interno (almeno per il food).
Fondamentale sarà anche investire sulla sostenibilità dell’azienda (segnalata dal 76%), ma anche diversificare i canali di vendita per intercettare una più ampia platea di consumatori (75%) e investire nel canale e-commerce (51%).
Gli aspetti che rappresentano i maggiori ostacoli alla vendita dei prodotti bio all’estero sono invece i costi legati alle attività di promozione sui mercati internazionali (percepiti come ostacolo dal 42% delle imprese), le normative/burocrazie locali e la concorrenza di prezzo da parte delle imprese locali (fattori indicati entrambi dal 37%).
Fonte: Nomisma