Per decenni il paese più popoloso al mondo si è basato su una semplice formula per incrementare la crescita: un’ampia manodopera a basso costo e l’incremento degli investimenti in rapporto al Pil, da 35 a quasi il 50%, un livello mai sperimentato prima.
Ha investito in infrastrutture, in particolare in strade che collegano centri industriali con i porti, nello sviluppo di reti di telecomunicazione, nella
costruzione di nuove fabbriche e acquisto di macchinari per la produzione. Il favorevole contesto economico, promosso dalle autorità di Pechino, e le grandi opportunità di investimento hanno da sempre incoraggiato gli IDE in entrata nel paese.
Ora tutti questi driver sembrano aver raggiunto una fase matura:
- l’elevata disponibilità di manodopera a basso costo si sta esaurendo l’occupazione nelle fabbriche ha raggiunto la sua capacità massima
- il sistema autostradale può contare su una lunghezza totale di 42.000 miglia, la seconda al mondo dietro a quella degli Stati.
Le autorità stanno lavorando ad un profondo cambiamento del modello di sviluppo che possa assicurare, nel medio-lungo termine, una crescita più sostenibile di quella generata finora da investimenti ed esportazioni a basso costo. Questo implicherà tassi di crescita più contenuti rispetto a quelli registrati fino ad oggi e una maggiore attenzione alla qualità dello sviluppo piuttosto che alla sua quantità.
L’eccesso di manodopera rurale a basso costo ha giocato un ruolo fondamentale nel mantenere bassa l’inflazione e nel supportare il modello di crescita cinese. La Cina è oggi alla vigilia di un cambiamento demografico che avrà conseguenze profonde sul suo panorama economico e sociale.
A seguito della politica “One Child Only” , introdotta nel 1979, il paese sta perdendo il vantaggio di una popolazione in età lavorativa estremamente giovane. Per decenni la popolazione in età infantile e molto anziana è diminuita a favore di quella più produttiva. Ma nel giro di pochi anni, la popolazione in età lavorativa raggiungerà un picco storico, per poi iniziare un rapido declino.
Secondo le stime ONU tra il 2010 e il 2030 la popolazione in età lavorativa diminuirà di 67 milioni di lavoratori.
Una serie di proteste nelle fabbriche della Cina meridionale hanno acceso i riflettori sulle rivendicazioni dei lavoratori cinesi, emigrati in zone manifatturiere dalla campagna e dalla aree economiche meno sviluppate.
La contrazione della forza lavoro e le rivendicazioni sono oggi le principali cause di un’inflazione salariale. Il divario tra i salari dei lavoratori non qualificati e quelli istruiti si sta riducendo; per effetto della riduzione del numero dei braccianti nelle campagne, i salari dei contadini aumentano più velocemente di coloro che emigrano in città: il ritorno economico di andare in città a studiare e cercare un impiego, sta calando drasticamente.
I salari orari stanno aumentando a ritmi superiori a quelli della produttività e questo impone alle imprese di aumentare i prezzi finali delle merce per coprire i più alti costi di produzione, mettendo in seria discussione il modello dell’economia cinese basato sul lavoro a basso costo e sulle esportazioni.
Sempre più multinazionali straniere, ma anche le stesse imprese cinesi, delocalizzano le proprie produzioni verso altri paesi, che offrono un costo del lavoro molto più basso, come l’Indonesia, il Bangladesh e il Vietnam.
Gli incrementi dei salari nominali e la carenza di manodopera hanno sollevato interrogativi sul fatto che la Cina sia pronta a varcare il Lewis Turning Point (LTP), un punto di inversione in cui si muoverebbe da un eccesso ad una carenza di offerta di manodopera a basso costo. Varcare questa soglia avrebbe implicazioni di vasta portata non solo per la Cina ma anche per il resto del mondo.
Secondo le stime del FMI, la Cina dovrebbe raggiungere il proprio LTP tra il 2020 e il 2025. L’attuale modello di crescita, guidato da uno straordinario incremento degli input come il lavoro e il capitale non sarà pertanto più sostenibile; la Cina dovrà quindi investire meno, ma meglio. Questo implicherà il passaggio ad un modello di crescita basato sul miglioramento della produttività totale dei fattori e sulla crescita dei consumi privati.
Fonte: SACE