Nel secondo trimestre gli indici dei responsabili degli acquisti (purchasing managers’ indice, PMI) delle imprese manifatturiere, che erano scesi al di sotto della soglia di espansione nella seconda metà del 2022, sono diminuiti ancora nelle principali economie avanzate. Per contro, in tutti i maggiori paesi gli indici PMI segnalano la prosecuzione della fase di espansione nel settore dei servizi.
Dopo il rimbalzo del primo trimestre, secondo le stime di Banca d’Italia, il prodotto italiano è rimasto pressoché invariato in primavera, soprattutto a causa della contrazione dell’attività manifatturiera.
L’espansione dei consumi delle famiglie è proseguita a ritmi più contenuti.
Gli investimenti sono frenati dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e da prospettive di domanda meno favorevoli.
È proseguita l’espansione del numero di occupati, che ha superato i valori pre-pandemici.
I margini di profitto sono in leggero aumento: nella manifattura si sono riportati sui valori precedenti la crisi sanitaria, mentre nelle costruzioni e nei servizi risultano ancora inferiori.
Tra marzo e giugno il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro è rimasto sostanzialmente stabile. Lo yen ha continuato a indebolirsi rispetto all’euro e al dollaro, riflettendo la politica monetaria accomodante della Banca del Giappone. Anche il renminbi si è deprezzato nei confronti dell’euro, per effetto della riduzione dei flussi di capitale stranieri nel mercato azionario cinese e di deflussi da quello obbligazionario.
Scambi con l’estero e Bilancia dei pagamenti
Nei primi tre mesi del 2023 le esportazioni sono scese dell’1,4% in volume. Dopo la forte crescita dello scorso anno, superiore a quella degli altri maggiori paesi dell’area, questa componente ha risentito della flessione del commercio mondiale. Si sono ridotte le vendite di beni sia nei mercati interni all’area dell’euro sia in quelli esterni.
L’indicatore sugli ordini esteri dell’indagine dell’Istat presso le imprese manifatturiere e il corrispondente indicatore PMI sono coerenti con un indebolimento della domanda estera.
La competitività di prezzo all’esportazione è peggiorata nei primi quattro mesi del 2023 rispetto alla media dello scorso anno.
Il saldo di conto corrente è tuttavia migliorato, anche grazie all’andamento delle importazioni energetiche, che beneficiano della riduzione delle quotazioni internazionali.
Proiezioni per l’economia italiana
Nelle nuove stime il PIL salirebbe dell’1,3% in media d’anno nel 2023 e dell’1% circa sia nel 2024 sia nel 2025.
Nelle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema l’inflazione al consumo si porterebbe al 6% nella media di quest’anno e scenderebbe al 2,3% nel 2024 e al 2% nel 2025.
I consumi delle famiglie, tornati a salire nei primi tre mesi del 2023, aumenterebbero ulteriormente grazie al progressivo rientro dell’inflazione e a un rafforzamento della dinamica salariale.
Gli investimenti rallenterebbero, frenati nel settore privato dal rialzo dei costi di finanziamento e da condizioni più restrittive nell’accesso al credito. Complessivamente, il rapporto tra investimenti totali e PIL si manterrebbe vicino al 22%, un livello elevato nel confronto storico.
Le esportazioni rallenterebbero quest’anno, sotto il 2%, per espandersi in media di poco meno del 3% nei prossimi due anni, in linea con l’andamento della domanda estera di beni e servizi italiani.
Le importazioni crescerebbero meno delle esportazioni, a seguito dell’indebolimento della domanda interna, in particolare di quella di beni strumentali, caratterizzata da un elevato contenuto di prodotti importati.
Fonte: Banca d’Italia (Bollettino Economico n. 3 - 2023)