21 ottobre 2019

Marchi registrati e violazioni online: la competenza giurisdizionale

di lettura

Nell'articolo è presentata la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che ha chiarito la portata dell'art.97(5) del Regolamento sul marchio dell'Unione, consentendo ai soggetti titolari di marchi di avvalersi di due o più fori alternativi competenti a decidere per gli atti di contraffazione.

Marchi registrati e violazioni online: la competenza giurisdizionale

La tutela dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale (IP) è, certamente, una della priorità del legislatore europeo e ha un impatto sostanziale sulle capacità di crescita e sviluppo delle imprese europee nel mercato globalizzato.

La centralità del settore IP per l’Unione europea è sottolineata dal fatto che le imprese europee “ad elevato tasso di IP” contribuiscono per il 42% del PIL Europeo (ossia per circa 5,7 trilioni di euro l’anno), sono responsabili per il 38% dei posti di lavoro e rappresentano almeno il 90% delle esportazioni UE (i dati sono contenuti nel rapportoIndustrie ad alta intensità di DPI e risultati economici nell'UE”, pubblicato dall’EUIPO nel 2016).

Uno degli aspetti di primaria importanza nel sistema europeo di protezione dei diritti di proprietà intellettuale è, indubbiamente, quello della tutela giurisdizionale dei marchi registrati nei confronti di soggetti che utilizzano segni uguali, simili o comunque confondibili con detti marchi registrati.

Al riguardo, l’utilizzo degli strumenti di tutela giurisdizionale presuppone, in prima battuta, la corretta individuazione del giudice competente a decidere delle domande proposte dai titolari di marchi registrati nei confronti dei soggetti che violano i diritti di privativa industriale. La normativa di rango europeo applicabile alla questione della determinazione del giudice competente a decidere delle azioni per violazione della privativa conferita dai marchi registrati presentava, invero, alcuni profili di criticità soprattutto nei casi in cui la presunta violazione del marchio si realizzi mediante l’utilizzo di strumenti on-line che, per loro natura, comportano una violazione del marchio non limitata ad uno specifico territorio nazionale o ad una categoria di utenti ma è, invece, destinata ad una pluralità indeterminata di potenziali utenti (cioè tutti coloro che hanno accesso ad Internet) e non incontra limiti di natura geografica.

Proprio sulla spinosa e controversa questione della determinazione del giudice competente a decidere di presunte violazioni di marchi registrati mediante l’utilizzo di strumenti on-line si è pronunciata lo scorso 5 settembre 2019 la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) nel caso C‑172/18 che vedeva opposte la società inglese AMS Neve e la società spagnola Heritage Audio SL. 

Prima di procedere ad una disamina di tale sentenza, è opportuno delineare il contesto normativo attualmente vigente in materia di determinazione del giudice competente a conoscere delle azioni relative ai marchi registrati in uno degli Stati membri dell’UE (c.d. marchi nazionali) ed ai marchi dell’Unione europea (c.d. marchio comunitario o marchio dell’Unione europea).

Il contesto normativo

Le disposizioni dell’Unione europea applicabili alla determinazione della competenza giurisdizionale in materia di azioni di contraffazione (violazione della privativa conferita dal marchio registrato) sono sostanzialmente due:

  • il Regolamento (UE) 1215/2012 (Bruxelles I-bis) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1), che si configura come norma di portata generale, applicabile in assenza di altre norme dell’Unione che deroghino alle disposizioni in esso contenute (c.d. “lex specialis”); e
  • il Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (in GU L 154, 16.6.2017, p. 1–99), che si configura proprio quale “lex specialis” rispetto al regolamento Bruxelles I-bis quanto alla determinazione del giudice competente a conoscere di azioni di contraffazione di marchi dell’Unione europea (non, invece, di marchi nazionali).

Proprio tale seconda norma ha creato non pochi dubbi interpretativi atteso che, all’articolo 125 (precedentemente articolo 97 del Regolamento (CE) 207/2009), commi 1 e 5, dispone quanto segue:

Articolo 125 - Competenza internazionale

1.   Fatte salve le disposizioni del presente regolamento e quelle del regolamento (UE) n. 1215/2012 applicabili in virtù dell'articolo 122, le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all'articolo 124 vengono avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio o, qualora non sia domiciliato in uno degli Stati membri, dello Stato membro in cui ha una stabile organizzazione. [...]

5.   Le procedure derivanti dalle azioni e domande di cui all'articolo 124, escluse le azioni di accertamento di non contraffazione di un marchio UE, possono parimenti essere avviate dinanzi ai tribunali dello Stato membro in cui l'atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso, o in cui è stato commesso un atto contemplato dall'articolo 11, paragrafo 2.”

Le azioni per contraffazione del marchio dell’Unione europea possono, quindi, essere proposte alternativamente avanti i giudici dello Stato membro in cui il contraffattore ha il proprio domicilio oppure avanti ai giudici dello Stato membro dell’UE in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso. Appare immediatamente evidente che la previsione di cui al paragrafo 5 solleva dubbi interpretativi nel caso in cui l’atto di contraffazione sia commesso tramite una piattaforma on-line (per esempio la sezione e-shop di un sito internet) poiché, in tale caso, non è certo se l’atto di contraffazione consistente nel predisporre e mettere in linea una pagina web che offra in vendita prodotti contraffatti possa considerarsi “commesso” solamente nel territorio dello Stato membro in cui il contraffattore ha la propria sede oppure anche nei territori di tutti gli altri Stati membri da cui la medesima pagina web è accessibile.

Il caso

La società inglese AMS Neve, produttrice di apparecchiature audio, conveniva in giudizio avanti la Intellectual Property and Enterprise Court (Tribunale della proprietà intellettuale e dell’impresa, Regno Unito) la società spagnola Heritage Audio SL proponendo un’azione per contraffazione di un marchio dell’Unione europea di cui AMS Neve era licenziataria esclusiva. AMS Neve fondava la propria azione in contraffazione del marchio dell’Unione europea sulla circostanza che Heritage Audio SL, tramite il proprio sito web ed alcuni profili social, avesse offerto in vendita ai consumatori (anche) nel Regno Unito imitazioni di prodotti dell’AMS Neve contraddistinti da, o facenti riferimento a, un segno identico o simile al marchio dell’Unione europea registrato dalla stessa AMS Neve.

Heritage Audio SL eccepiva l’incompetenza dei giudici inglesi rilevando che, sebbene i propri prodotti potevano essere stati acquistati nel Regno Unito, tramite altre società, essa non aveva mai fatto pubblicità nel Regno Unito, né realizzato vendite in tale Stato membro oppure nominato un distributore in tale territorio.  

Con sentenza del 18 ottobre 2016, l’Intellectual Property and Enterprise Court dichiarava la propria incompetenza per l’azione per contraffazione proposta da AMS Neve, nella parte in cui questa era fondata sul marchio dell’Unione europea di titolarità di AMS Neve (l’azione si basava anche su una serie di marchi nazionali registrati e, par tale parte dell’azione, i giudici inglesi dichiaravano la propria competenza).

L’Intellectual Property and Enterprise Court riteneva innanzitutto che l’azione per contraffazione poteva essere proposta, conformemente all’articolo 97 (ora art. 125), paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (ora Regolamento (UE) 2017/1001), avanti i tribunali dello Stato membro in cui Heritage Audio SL aveva la propria sede (cioè in Spagna) oppure, alternativamente ai sensi del paragrafo 5 del citato articolo, avanti i giudici del luogo di commissione dell’atto di contraffazione. Tale Tribunale precisava poi che la competenza dei giudici spagnoli risultava altresì in applicazione del paragrafo 5 di detto articolo 97, in forza del quale le azioni per contraffazione possono essere presentate anche dinanzi ai tribunali dello Stato membro sul cui territorio l’atto di contraffazione è stato commesso, determinando tale luogo quale quello “ove il terzo (Heritage Audio SL) ha preso la decisione di pubblicizzare e di offrire in vendita detti prodotti su tale sito Internet o su tali piattaforme e ha stabilito le modalità d’attuazione di suddetta decisione.”. Conseguentemente, essendo la Spagna il luogo ove Heritage Audio SL aveva preso la decisione di commercializzare i propri prodotti asseritamente contraffatti tramite il proprio sito internet e piattaforme social, nonché aveva predisposto le misure necessarie per l’attuazione di tale decisione, secondo la Corte inglese i giudici spagnoli erano competenti anche ai sensi del suddetto paragrafo 5.

AMS Neve proponeva appello avverso la decisione della Intellectual Property and Enterprise Court e la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), al fine di chiarire come debba essere interpretato l’articolo 97(5) del Regolamento (CE) 207/2009 (oggi articolo 125(5) del Regolamento (UE) 2017/1001), proponeva la seguente questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea:

se l’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio dell’Unione europea che si ritiene leso dall’uso senza il suo consenso, da parte di un terzo, di un segno identico a tale marchio nelle pubblicità e nelle offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, possa introdurre un’azione per contraffazione contro tale terzo dinanzi a un tribunale dei marchi dell’Unione europea dello Stato membro nel cui territorio si trovano consumatori e professionisti cui si rivolgono tali pubblicità o dette offerte di vendita, nonostante il fatto che suddetto terzo abbia adottato in un altro Stato membro le decisioni e le misure finalizzate alla pubblicazione elettronica.

La sentenza della Corte di Giustizia UE (C‑172/18, Ams Neve)

CGUE precisa, innanzitutto, che la scelta di introdurre l’azione per contraffazione dinanzi al tribunale dei marchi dell’Unione europea ove è ubicato il domicilio del convenuto o dinanzi a quello del territorio nel quale l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso, determina la portata dell’ambito di competenza del tribunale adito. Infatti, quando l’azione per contraffazione viene instaurata davanti al giudice del domicilio del convenuto, essa riguarda potenzialmente gli atti di contraffazione commessi su tutto il territorio dell’Unione mentre, quando è proposta davanti al giudice del luogo in cui l’atto di contraffazione è stato commesso o minaccia di essere commesso, essa è limitata all’atto commesso o che rischia di esserlo sul territorio di un solo Stato membro, ossia quello del tribunale adito.

La Corte chiarisce poi su quale territorio di uno Stato membro debba considerarsi “commesso” l’atto di contraffazione ove la condotta sia posta in essere tramite l’utilizzo di strumenti di comunicazione elettronica (Internet), precisando che:

Quando gli atti contestati al convenuto consistono in pubblicità e in offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti rivestiti di un segno identico o simile a un marchio dell’Unione europea senza il consenso del titolare di tale marchio, è necessario considerare, [...] che tali atti, [...] sono stati commessi sul territorio dove si trovano i consumatori o i professionisti a cui sono destinate dette pubblicità ed offerte di vendita, nonostante il fatto che il convenuto sia stabilito in un altro territorio, che il server della rete elettronica da lui utilizzato si trovi in un altro territorio, o ancora che i prodotti oggetto di suddette pubblicità e offerte si trovino in un altro territorio.” (paragrafo 47 della sentenza)

Infatti, secondo la CGUE, “se i termini «[territorio dello Stato membro] in cui l’atto di contraffazione è stato commesso», di cui all’articolo 97, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 dovessero essere interpretati nel senso che essi fanno riferimento allo Stato membro sul cui territorio l’autore di suddetti atti commerciali ha organizzato il suo sito Internet e ha avviato la pubblicazione delle sue pubblicità e delle sue offerte di vendita, ai contraffattori stabiliti all’interno dell’Unione, operanti per via elettronica e che vogliano impedire ai titolari dei marchi dell’Unione europea contraffatti di disporre di un foro alternativo basterebbe far coincidere il territorio del caricamento online con quello di loro stabilimento. In tal modo, il suddetto articolo 97, paragrafo 5, nel caso in cui le pubblicità e le offerte di vendita fossero destinate ai consumatori di altri Stati membri, sarebbe privato di ogni portata alternativa rispetto alla regola di competenza giurisdizionale enunciata al paragrafo 1 del medesimo articolo.” (paragrafo 50 della sentenza)

Infine, rileva la Corte, per il titolare che intenda agire nei confronti di un contraffattore del proprio marchio UE registrato avanti al giudice determinato ai sensi dell’articolo 97(5), potrebbe rivelarsi eccessivamente arduo, se non addirittura impossibile, individuare il territorio dello Stato membro in cui il contraffattore ha organizzato il suo sito Internet e ha avviato la pubblicazione delle sue pubblicità e delle sue offerte di vendita, poiché tali informazioni sono spesso inaccessibili o di difficile reperimento.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso AMS Neve ha chiarito la reale portata dell’articolo 97(5) del Regolamento sul marchio dell’Unione e consente ai soggetti titolari di marchi dell’Unione di avvalersi di due (o più) fori alternativi competenti a decidere per gli atti di contraffazione. La Corte ha, ad avviso di chi scrive, dato un’interpretazione corretta di detto articolo 97(5), garantendone un’applicazione effettiva e più tutelante per i soggetti che vedono i propri diritti di privativa violati da contraffattori.

Avv. Paolo Lombardi
Avv. Emilio Paolo Villano

 

 

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